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In-app purchase e Mobile gaming: Soluzione anti-pirateria o mera speculazione?

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Il 2011 ha visto una crescita esponenziale del sistema di pagamento per apps chiamato In-app Purchase, modalità abbracciata  da svariate Software House in ogni ambito, gaming compreso. L’idea in se per come era stata concepita, rappresenta una vera rivoluzione ma la sensazione da parte nostra e di utenti in generale, è che oggi si stia, in alcuni casi, superando abbondantemente una soglia invisibile ma palpabile che fa percepire ciò che inizialmente rappresentava un’innovazione, in pura speculazione soprattutto quando i contenuti appaiono inversamente proporzionali qualitativamente rispetto al prezzo richiesto per goderli.

Cos’è sistema In-App Purchase? E’ una modalità che nasce per permettere alle Software House di immettere un prodotto sul mercato ad un prezzo minore rispetto ad una versione completa, consentendo agli utenti di acquistare solo gli add-on di proprio interesse e agli sviluppatori di vendere software aggiuntivo, con conseguente maggior soddisfazione del cliente e maggiori introiti economici per chi sviluppa.  In questo caso ottenere un’applicazione completa ha un maggiore costo che dovrebbe essere controbilanciato dalla libertà nello scegliere i contenuti e da una maggiore garanzia di ricevere aggiornamenti qualitativi.

Vorremmo nello specifico puntare l’attenzione sulla tendenza in ambito gaming riguardo questa forma di pagamento che sta prendendo piede e che a livello teorico porterebbe ad una diminuzione della pirateria.

Un caso emblematico a riguardo per citarne uno è stato Blood & Glory di Glu Mobile, titolo simile a Infinity Blade per iOS uscito lo scorso anno su più piattaforme Android compresa. Si trattava in sintesi di superare sfide a duello aumentando l’exp e l’equipaggiamento a disposizione, un meccanismo lineare condito da una resa grafica superba.  Il problema si faceva palpabile quando gli upgrade superavano costi ritenuti equi e con molta facilità si riusciva a spendere decine di euro per poter avanzare, pena la frustrazione e l’abbandono del titolo.  Anche Gameloft ha abbracciato recentemente e in maniera massiva questa filosofia, sfornando titoli come Six Guns o Dungeon Hunter 3 dove si ricade nello stesso meccanismo. Anche in questi casi è assolutamente necessario investire denaro per poter risolvere le quest e avanzare nel gioco.

Come detto inizialmente, riteniamo che ogni utente dotato di buon senso sarebbe disposto ad accettare un sistema In-App Purchase purchè equilibrato. Ma cosa avviene realmente?  Prendiamo ad esempio 2 titoli: Dungeon Hunter 2  e Backstab. Il primo più datato del secondo, decisamente diversi ma entrambi ottimi titoli con una storyline e una cura realizzativa degna di nota. Entrambi i giochi si piazzavano sotto i 5 euro e questo resta il nostro metro di paragone. Se oggi decidiamo di giocare seriamente a Dungeon Hunter 3  o Blood & Glory o Six Guns etc. etc. , quanto saremmo disposti a spendere  se teniamo conto che il nuovo sistema ci offre un’app gratuita che viene sotanzialmente rateizzata dagli acquisti in-app?

A questo non esiste una risposta universale, ogni utente ritiene equa o meno e in maniera diversa la spesa per un gioco. Titoli da citare ne potremmo trovare parecchi ma se ci soffermiamo su quelli elencati vedremo che con molta facilità si può spendere sopra i 20 euro arrivando a cifre superiore ai 50, in pratica attestandoci sugli attuali prezzi di titoli per Xbox 360 e Ps3.  Se tutto questo si accompagna, come effettivamente sta avvenendo, a titoli dalla scarsa profondità che in taluni casi fanno sentire frodato l’utente, allora ci chiediamo se non sarebbe il caso di rivedere alcune politiche aziendali e, nel caso di in-app purchase, permettere acquisti più intelligenti e godibili da parte dell’utente.




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